Questa è l’ultima tappa
prima delle vacanze estive targate 2014 tra Monza e Lago di Costanza.
Castelcavallino è una
frazione del comune di Urbino da molti della zona è chiamato semplicemente
Cavallino. Si trova nella provincia di Pesaro – Urbino nelle Marche.
Quando l’ho visitata
esclusivamente per conoscere la mia provincia dove abitavo fino qualche mese fa
era nel periodo estivo.
Come sapete non amo la
classico fine settimana al mare ma preferisco conoscere e vivere diversamente.
Sono scelte di vita,c’è chi ama stare al sole in spiaggia,che ci preferisce
andare a pescare o fare escursioni in montagna, e c’è chi come me sente il
bisogno di conoscere e visitare luoghi vicini e lontani turistici e meno
turistici. Vivo in un bellissimo Paese chiamato Italia e spesso tanti turisti
stranieri vorrebbero essere al mio posto perché non ne posso approfittare?
Questo vuole essere
anche un viaggio virtuale per voi stranieri che leggete il mio blog,so che
siete in tanti e apprezzo molto quello che fate. Grazie mille!!!!
La frazione è situata
a nord-ovest di Urbino, a circa 7 km dal centro storico del capoluogo e a circa
metà strada tra le frazioni di Gadana e Schieti. Si trova sulla cima di un
colle da cui si vede la sottostante vallata del fiume Foglia e tutte le colline circostanti. Il
nucleo centrale dell'abitato è costituito da un antico borgo fortificato,
eretto in quel luogo per la felice posizione strategica.
MUNUMENTI E LUOGHI D’INTERESSE:
Pieve di San Cassiano
Antica pieve romanica
a poca distanza dalla frazione. La chiesa è a pianta basilicale a tre navate,
divise da due file di colonne cilindriche, in pietra tufacea, alternate a dei
pilastri; presenta delle tracce di affreschi, in particolare nella zona
absidale. La torre campanaria ha una struttura molto massiccia, perché fu
eretta per scopi militari come fortificazione e punto per la vedetta, grazie
alla favorevole posizione geografica, da cui si poteva vedere la sottostante
valle del Foglia e la via che saliva verso Urbino.
In epoca romana si è
ipotizzato che vi esistesse un tempio dedicato alla Dea Pallade,
in passato fu rinvenuto un basamento di una statua la cui iscrizione si
riferiva a tale Dea.
Le prime notizie che
si hanno in merito a questa pieve risalgono al 1290. Il territorio che amministrava
era molto vasto, in quanto si estendeva fino alla valle del Foglia, inglobando
anche dei territori che attualmente sono sotto il comune di Montecalvo. Qui Giovanni Pascoli (nella pagina
facebook trovate l’album fotografico della casa del poeta a San Mauro Pascoli e
potete vedere alcune foto di lui al collegio di Urbino) scrisse la poesia l'Aquilone. È stata restaurata
nel 1983 e attualmente la pieve è visitabile
mentre la struttura, annessa alla canonica, è stata trasformata in una
casa-vacanze per ritiri spirituali religiosi.
Prima di pubblicarvi
le foto di quel che ho visto,vorrei pubblicarvi la poesia che scrisse il poeta
Giovanni Pascoli (uno dei poeti più importanti della letteratura moderna).
L’Acquilone
C’è qualcosa di nuovo
oggi nel sole,
anzi d’antico:io vivo
altrove,e sento
che sono intorno nate
le viole.
Son nate nella selva
del convento
dei cappuccini,tra le
morte foglie
che al ceppo delle
querce agita il vento.
Si respira una dolce
aria che scioglie
Le dure zolle,e
visita le chiese
Di campagna,ch’erbose
hanno le soglie:
un’aria d’altro luogo
e d’altro mese
e d’altra vita:
un’aria celestina
che regga molte
bianche ali sospese…
si,gli aquiloni! E’
questa una mattina
che non c’è scuola.
Siamo usciti a schiera
tra le siepi di rovo
e d’albaspina.
Le siepi erano
brulle,irte;ma c’era
d’autunno ancora
qualche mazzo rosso
di bacche,e qualche
fior di primavera
bianco; e sui rami
nudi il pettirosso
saltava,e la
lucertola il capino
mostrava tra le foglie
aspre del fosso.
Or siamo fermi:
abbiamo in faccia Urbino
Ventoso: ognuno manda
da una balza
la sua cometa per il
ciel turchino.
Ed ecco
ondeggia,pencola,urta,sbalza,
risale,prende il
vento; ecco pian piano
tra un lungo dei
fanciulli urlo s’inalza.
S’inalza; e ruba il
filo dalla mano,
come un fiore che
fugga su lo stelo
esile,e vada a
rifiorir lontano.
S’inalza; e i piedi
trepidi e l’anelo
petto del bimbo e
l’avida pupilla
e il viso e il
cuore,porta tutto in cielo.
Più su,più su: già
come un punto brilla
lassù lassù…Ma ecco
una ventata
Di sbieco,ecco uno
strillo alto… - Chi strilla?
Sono le voci della
camerata
Mia: le conosco tutte
all’improvviso,
una dolce, una
acuta,una velata…
A uno a uno tutti vi
ravviso,
o miei compagni! e
te,si,che abbandoni
su l’omero il pallor
muto del viso.
Si: dissi sopra te
l’orazione,
e piansi:
eppur,felice che al vento
non vedesti cader che
gli aquiloni!
Tu eri tutto
bianco,io mi rammento.
solo avevi del rosso
nei ginocchi,
per quel nostro
pregar sul pavimento.
Oh! te felice che
chiudesti gli occhi
persuaso,stringendoti
sul cuore
il più caro dei tuoi
cari balocchi!
Oh! dolcemente,se ben
io,si muore
la sua stringendo
fanciullezza al petto,
come i candidi suoi
pètali un fiore
ancora in boccia! O
morto giovinetto,
anch’io presto verrò
sotto le zolle
là dove dormi placido
e soletto…
Meglio venirci
ansante,roseo,molle
di sudor,come dopo
una giocanda
corsa di gara per
salire un colle!
Meglio venirci con la
testa bionda,
che poi che fredda
giacque sul guanciale,
ti pettinò co’ bei capelli
a onda
tua madre…adagio,per
non farti male.
SPIEGAZIONE
L’aquilone di Giovanni Pascoli
racconta un episodio controverso dell’infanzia del poeta, in cui la gioia e la
felicità di un ricordo del passato si uniscono all’amarezza per la morte di un
compagno del collegio. In ventuno terzine in versi endecasillabi, Pascoli ribadisce un
concetto che è diventato il cardine degli studi sulla memoria: il ricordo è un elemento
bifronte, che può riaccendere sentimenti di pura e incontaminata nostalgia, ma
anche intensi momenti di dolore. Come il X
Agosto, in cui Pascoli rievoca la morte del padre da cui era rimasto
profondamente scosso, anche L’aquilone è una “poesia della memoria”, in cui
si parla di una morte prematura, tanto violenta quanto inaspettata.La giornata
particolare ha ricordato al poeta il suo passato. Con la mente è andato altrove
e intorno gli sembra che siano nate le viole nel bosco del convento dei
cappuccini tra le foglie morte cadute dalle querce.
L'aria mite ha sciolto la terra ghiacciata e ha lambito anche le chiese di
campagna; è l'aria, per il poeta, di un luogo lontano e di un tempo diverso -
l'aria che usava per far volare gli aquiloni.
Pascoli rievoca una mattina senza scuola. Con i compagni esce nel cortile, tra
le siepi irte, con qualche bacca rossa autunnale e qualche fiore primaverile
bianco. Sugli alberi zampettava un pettirosso e da un fossato si vedeva uscire
una lucertola.
Davanti al poeta e ai suoi amici, era Urbino: nel vento tutti facevano volare
nel cielo azzurro il loro aquilone. Gli aquiloni volavano nel vento, mentre i
ragazzi gridavano, prendendo il filo dalla mano di chi li faceva volare. Con
l'aquilone anche i ragazzi si sentivano come volare. Ma ogni tanto il vento
faceva andare di sbieco l'aquilone: ciò faceva gridare i ragazzi.
Quelle voci ricordate fanno rimembrare al poeta i suoi compagni, soprattutto
quello morente per cui ha pianto e pregato. Quel compagno è stato più fortunato
perché il suo più grande dolore è stato vedere cadere gli aquiloni.
Pascoli, infatti, crede che morire giovani è più dolce che da adulti, perché
almeno vicino alla madre.
Vi auguro un felice
Ferragosto a tutti voi e che Dio vi accompagni nel vostro cammino…
Laura – Testimoni
d’Arte