mercoledì 13 agosto 2014

21° tappa: Cavallino di Urbino

Questa è l’ultima tappa prima delle vacanze estive targate 2014 tra Monza e Lago di Costanza.
Castelcavallino è una frazione del comune di Urbino da molti della zona è chiamato semplicemente Cavallino. Si trova nella provincia di Pesaro – Urbino nelle Marche.
Quando l’ho visitata esclusivamente per conoscere la mia provincia dove abitavo fino qualche mese fa era nel periodo estivo.
Come sapete non amo la classico fine settimana al mare ma preferisco conoscere e vivere diversamente. Sono scelte di vita,c’è chi ama stare al sole in spiaggia,che ci preferisce andare a pescare o fare escursioni in montagna, e c’è chi come me sente il bisogno di conoscere e visitare luoghi vicini e lontani turistici e meno turistici. Vivo in un bellissimo Paese chiamato Italia e spesso tanti turisti stranieri vorrebbero essere al mio posto perché non ne posso approfittare?

Questo vuole essere anche un viaggio virtuale per voi stranieri che leggete il mio blog,so che siete in tanti e apprezzo molto quello che fate. Grazie mille!!!!
La frazione è situata a nord-ovest di Urbino, a circa 7 km dal centro storico del capoluogo e a circa metà strada tra le frazioni di Gadana e Schieti. Si trova sulla cima di un colle da cui si vede la sottostante vallata del fiume Foglia e tutte le colline circostanti. Il nucleo centrale dell'abitato è costituito da un antico borgo fortificato, eretto in quel luogo per la felice posizione strategica.
MUNUMENTI E LUOGHI D’INTERESSE:
Pieve di San Cassiano
Antica pieve romanica a poca distanza dalla frazione. La chiesa è a pianta basilicale a tre navate, divise da due file di colonne cilindriche, in pietra tufacea, alternate a dei pilastri; presenta delle tracce di affreschi, in particolare nella zona absidale. La torre campanaria ha una struttura molto massiccia, perché fu eretta per scopi militari come fortificazione e punto per la vedetta, grazie alla favorevole posizione geografica, da cui si poteva vedere la sottostante valle del Foglia e la via che saliva verso Urbino.
In epoca romana si è ipotizzato che vi esistesse un tempio dedicato alla Dea Pallade, in passato fu rinvenuto un basamento di una statua la cui iscrizione si riferiva a tale Dea.
Le prime notizie che si hanno in merito a questa pieve risalgono al 1290. Il territorio che amministrava era molto vasto, in quanto si estendeva fino alla valle del Foglia, inglobando anche dei territori che attualmente sono sotto il comune di Montecalvo. Qui Giovanni Pascoli (nella pagina facebook trovate l’album fotografico della casa del poeta a San Mauro Pascoli e potete vedere alcune foto di lui al collegio di Urbino) scrisse la poesia l'Aquilone. È stata restaurata nel 1983 e attualmente la pieve è visitabile mentre la struttura, annessa alla canonica, è stata trasformata in una casa-vacanze per ritiri spirituali religiosi.

Prima di pubblicarvi le foto di quel che ho visto,vorrei pubblicarvi la poesia che scrisse il poeta Giovanni Pascoli (uno dei poeti più importanti della letteratura moderna).

L’Acquilone
C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole,
anzi d’antico:io vivo altrove,e sento
che sono intorno nate le viole.
Son nate nella selva del convento
dei cappuccini,tra le morte foglie
che al ceppo delle querce agita il vento.
Si respira una dolce aria che scioglie
Le dure zolle,e visita le chiese
Di campagna,ch’erbose hanno le soglie:
un’aria d’altro luogo e d’altro mese
e d’altra vita: un’aria celestina
che regga molte bianche ali sospese…
si,gli aquiloni! E’ questa una mattina
che non c’è scuola. Siamo usciti a schiera
tra le siepi di rovo e d’albaspina.
Le siepi erano brulle,irte;ma c’era
d’autunno ancora qualche mazzo rosso
di bacche,e qualche fior di primavera
bianco; e sui rami nudi il pettirosso
saltava,e la lucertola il capino
mostrava tra le foglie aspre del fosso.
Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbino
Ventoso: ognuno manda da una balza
la sua cometa per il ciel turchino.
Ed ecco ondeggia,pencola,urta,sbalza,
risale,prende il vento; ecco pian piano
tra un lungo dei fanciulli urlo s’inalza.
S’inalza; e ruba il filo dalla mano,
come un fiore che fugga su lo stelo
esile,e vada a rifiorir lontano.
S’inalza; e i piedi trepidi e l’anelo
petto del bimbo e l’avida pupilla
e il viso e il cuore,porta tutto in cielo.
Più su,più su: già come un punto brilla
lassù lassù…Ma ecco una ventata
Di sbieco,ecco uno strillo alto… - Chi strilla?
Sono le voci della camerata
Mia: le conosco tutte all’improvviso,
una dolce, una acuta,una velata…
A uno a uno tutti vi ravviso,
o miei compagni! e te,si,che abbandoni
su l’omero il pallor muto del viso.
Si: dissi sopra te l’orazione,
e piansi: eppur,felice che al vento
non vedesti cader che gli aquiloni!
Tu eri tutto bianco,io mi rammento.
solo avevi del rosso nei ginocchi,
per quel nostro pregar sul pavimento.
Oh! te felice che chiudesti gli occhi
persuaso,stringendoti sul cuore
il più caro dei tuoi cari balocchi!
Oh! dolcemente,se ben io,si muore
la sua stringendo fanciullezza al petto,
come i candidi suoi pètali un fiore
ancora in boccia! O morto giovinetto,
anch’io presto verrò sotto le zolle
là dove dormi placido e soletto…
Meglio venirci ansante,roseo,molle
di sudor,come dopo una giocanda
corsa di gara per salire un colle!
Meglio venirci con la testa bionda,
che poi che fredda giacque sul guanciale,
ti pettinò co’ bei capelli a onda
tua madre…adagio,per non farti male.

SPIEGAZIONE
L’aquilone di Giovanni Pascoli racconta un episodio controverso dell’infanzia del poeta, in cui la gioia e la felicità di un ricordo del passato si uniscono all’amarezza per la morte di un compagno del collegio. In ventuno terzine in versi endecasillabi, Pascoli ribadisce un concetto che è diventato il cardine degli studi sulla memoria: il ricordo è un elemento bifronte, che può riaccendere sentimenti di pura e incontaminata nostalgia, ma anche intensi momenti di dolore. Come il X Agosto, in cui Pascoli rievoca la morte del padre da cui era rimasto profondamente scosso, anche L’aquilone è una “poesia della memoria”, in cui si parla di una morte prematura, tanto violenta quanto inaspettata.La giornata particolare ha ricordato al poeta il suo passato. Con la mente è andato altrove e intorno gli sembra che siano nate le viole nel bosco del convento dei cappuccini tra le foglie morte cadute dalle querce. 
L'aria mite ha sciolto la terra ghiacciata e ha lambito anche le chiese di campagna; è l'aria, per il poeta, di un luogo lontano e di un tempo diverso - l'aria che usava per far volare gli aquiloni. 
Pascoli rievoca una mattina senza scuola. Con i compagni esce nel cortile, tra le siepi irte, con qualche bacca rossa autunnale e qualche fiore primaverile bianco. Sugli alberi zampettava un pettirosso e da un fossato si vedeva uscire una lucertola.
Davanti al poeta e ai suoi amici, era Urbino: nel vento tutti facevano volare nel cielo azzurro il loro aquilone. Gli aquiloni volavano nel vento, mentre i ragazzi gridavano, prendendo il filo dalla mano di chi li faceva volare. Con l'aquilone anche i ragazzi si sentivano come volare. Ma ogni tanto il vento faceva andare di sbieco l'aquilone: ciò faceva gridare i ragazzi. 
Quelle voci ricordate fanno rimembrare al poeta i suoi compagni, soprattutto quello morente per cui ha pianto e pregato. Quel compagno è stato più fortunato perché il suo più grande dolore è stato vedere cadere gli aquiloni. 
Pascoli, infatti, crede che morire giovani è più dolce che da adulti, perché almeno vicino alla madre.

spiazzale davanti la pieve



cartello illustrativo

io qualche anno fa davanti la pieve...anche con qualche chilo in più ma voglio testimoniarvi che ci sono stata.

iscrizione sul muro

parte posteriore la pieve dove si può ammirare il campanile

lato interno 1

facciata posteriore

stradina nel lato posteriore la Pieve

Vi auguro un felice Ferragosto a tutti voi e che Dio vi accompagni nel vostro cammino…
Laura – Testimoni d’Arte

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